Valore in RSA

novità dal network delle RSA toscane

Valore in RSA

novità dal network delle RSA toscane
a cura di Agenzia regionale di sanità Toscana

Green House: un modello innovativo di Nursing Home Care

Nell’articolo pubblicato sulla rivista HSR Lo studio dell’innovazione nelle Nursing Home: Il modello Green House di Nursing Home Care, Susan Miller, Vincent Mor e James F. Burgess Jr analizzano alcune ricerche relative alle esperienze di nursing per anziani negli Stati Uniti. In particolare si occupano del processo di trasformazione delle Nursing home (NH), iniziato nel 1997 dalla Rete Pioner, in Green house (GH), un modello nuovo, impostato sulle preferenze degli utenti.

Che cosa sono le Green house?
Sono piccole strutture, generalmente tra gli 8 e i 12 posti, autogestite e fortemente inserite nella rete sociale del territorio, che hanno lo scopo principale di garantire la libertà di movimento e l’autodeterminazione del residente. La figura che si occupa degli ospiti sia per la cura della persona che della casa è lo Shahbaz (al plurale Shahbazim) lavoratore versatile che offre una vasta gamma di prestazioni, quasi sovrapponibile alla figura della nostra “badante”.

Gli ospiti e lo Shahbaz sono supportati da un team clinico che comprende il “primary care physician” (medico di medicina generale),  infermieri, terapisti, servizi sociali, esperti di alimentazione, che insieme sviluppano il Piano Assistenziale Individuale. L’infermiere rappresenta il cardine dell’organizzazione, svolgendo un ruolo fondamentale di mentore attraverso una efficace educazione sanitaria.

Green house vs Nursing home: chi vince?

L’articolo analizza i dati emersi dagli studi di ricerca che confrontano questo modello con gli altri di Nursing home. Per quanto la realtà americana sia molto diversa, sia come erogazione del sistema sanitario, che come modelli organizzativi, le considerazioni che emergono dall’articolo possono essere interessanti per valutare progetti futuri e modelli simili.

Dall’analisi emerge che una delle difficoltà maggiori nel confrontare i due sistemi è la messa in atto anche da parte delle tradizionali NH di progetti di miglioramento che possono creare variabili confondenti. Quindi ancora più “confondente” potrebbe risultare il confronto con le nostre organizzazioni, molto diverse. Per strutturare l’analisi ed oggettivarla, gli autori analizzano comunque alcuni aspetti comuni a molti sistemi di valutazione, anche italiani: utilizzo delle risorse, outcome, ricoveri ospedalieri, benessere percepito dall’ospite e del personale.

“Un po’ a sorpresa”, commentano gli autori, dall’esame delle caratteristiche della forza lavoro, come ad esempio il turnover, emerge che non sono state trovate differenze sostanziali tra GH e NH tradizionali. Soddisfazione, stress lavoro-correlato, percezione della sicurezza non sono condizionati negativamente. La sorpresa si ridimensiona considerando le piccole dimensione dello studio, che non consentono una generalizzazione sufficiente e la mancanza di molti dati utili per comprenderne la cause: meccanismi interni di empowerment del personale per esempio…

Alcuni studi evidenziano che gli anziani ospitati nelle GH nel tempo hanno tassi di ricovero ospedaliero significativamente più bassi e risultati migliori in 3 degli 8 indicatoti di qualità (l’articolo non indica quali) rispetto agli anziani in NH. Gli autori sottolineano però che i tassi di ospedalizzazione sono normalmente molto bassi in entrambi i gruppi di controllo, perciò questo non può essere ritenuto un variabile rilevante.

Tuttavia dall’articolo emerge una valutazione complessiva positiva del modello GH, che però non risulta supportata da dati oggettivi. Sembra ci possa essere una riduzione della spesa anche significativa, ma globalmente questi dati non possono essere estesi a tutta la popolazione residente in GH. Si ribadisce spesso che non è possibile individuare un gruppo di controllo nel modello NH che sia privo di confondenti, in quanto pressoché tutte le organizzazioni hanno implementato modelli di miglioramento propri.

Le strutture, sia GH che NH, che accedono agli studi non sono sovrapponibili, perciò è difficile costruire un modello di ricerca rigoroso. Inoltre il modello GH è stato implementato con modalità molto variabili, il che rende le esperienze difficilmente confrontabili.
Metodologicamente le difficoltà sono nella mancanza di strumenti di valutazione adeguati ed univoci, che catturino dati certi, quantificabili sul livello di qualità, sia per gli ospiti che per il personale. Questo determina un bias di giudizio da parte del ricercatore, che sostengono il modello GH producendo una lettura positiva di dati in realtà incerti.

A quali conclusioni possiamo giungere?
Certamente la realtà assistenziale degli Stati Uniti è difficilmente paragonabile alla nostra, i modelli a cui si riferisce l’articolo sono profondamente diversi da quelli sviluppati nel nostro territorio, ma è certamente interessante la lettura che viene data rispetto all’efficacia dei due modelli e alla necessità di valutazione oggettiva. Da questo punto di vista sono stimolanti le riflessioni degli autori sulle difficoltà di misurare aspetti difficilmente quantificabili, ma anche sulle conseguenze che questa esigenza potrebbe avere sull’applicazione pratica dei modelli.
In  particolare, segnaliamo due  frasi nelle conclusioni, in cui gli autori si domandano quali possano essere in fondo i criteri, e quindi gli indicatori, che realmente possano fornire risposte a domande che difficilmente hanno riscontri univoci.

“The consequences of really facilitating resident empowerment and staff integration into the life of the unit are probably not best seen in pressure ulcer rates or standard staff satisfaction, just as palliative and hospice care are not just about pain control (Higginson 1999).”
Traduzione:  “Le conseguenze di facilitare realmente l'empowerment dei residenti e l'integrazione del personale nella vita del gruppo probabilmente non appaiono nei tassi di ulcere da pressione o nella soddisfazione del personale, così come nelle cure palliative e in hospice non si tratta solo di controllo del dolore”.

“Furthermore, the experience of the implementation science literature suggests that imposing more fidelity and allowing less context-specific adaptation is the wrong way to go. Consequently, these implementation and evaluation challenges will continue to confront our field.”
Traduzione: “Inoltre, l’esperienza di implementare la letteratura scientifica suggerisce che imporre più fidelizzazione e consentire un minor adattamento specifico al contesto sia il modo sbagliato di partire. Di conseguenza, il nostro settore continuerà a troversi di fronte a queste sfide di attuazione e valutazione”

La valutazione della qualità impone sì oggettivazione dei dati e quindi stressa la standardizzazione dei processi in procedure, ma l’eccessiva standardizzazione può impedire la necessaria elasticità indispensabile per creare ambienti  personalizzati che possano realmente garantire la soddisfazione dei residenti e del personale.
Se gli obiettivi dell’assistenza alle persone anziane sono la soddisfazione globale, che passa attraverso la libertà di movimento e l’autodeterminazione, nonché l’empowerment del personale, è necessario lasciare ai contesti quantomeno un margine di discrezionalità sulle modalità organizzative, che saranno quindi fondate più che su criteri standard, sui valori scelti dalle persone che vivono nelle strutture e nelle modalità concordate con coloro che si prendono cura di loro.


Segnalazione a cura della dott.ssa Cristina Banchi, infermiera responsabile della Gestione dei Sistemi di qualità in RSA