Valore in RSA

novità dal network delle RSA toscane

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a cura di Agenzia regionale di sanità Toscana

L’utilizzo della realtà virtuale in RSA: l’esperienza raccontata in una tesi

01/02/2024
Tecnologia e anziani sembrano un binomio difficilmente conciliabile, eppure durante la recente pandemia è apparso evidente come il progresso tecnologico abbia potuto arginare l’isolamento e aiutare a mantenere intatte le reti sociali che rischiavano di sfaldarsi a causa della distanza.

Mi chiamo Mattia, ho lavorato presso una struttura sanitaria residenziale prima come animatore e ora come educatore. Durante la pandemia, dopo una videochiamata tra una ospite e un parente lontano, la signora ha iniziato a raccontarmi particolari del suo paese di origine per cui, approfittando dello strumento Google Maps, le ho mostrato alcune immagini provenienti dallo street view del luogo in questione.

Il suo entusiasmo mi ha convinto a offrire questa opportunità a un gruppo sempre più numeroso di anziani: in quel periodo le restrizioni erano ancora piuttosto rigide per cui i residenti avevano poche occasioni di contatto con il mondo esterno.

Proprio in quell’epoca mi sono imbattuto in una serie televisiva umoristica Upload, in cui una azienda offriva la possibilità, in punto di morte, di fare un upload della propria coscienza in una residenza virtuale, idea già affrontata con toni molto più cupi nella serie di fantascienza Black Mirror. Poiché ritengo che nelle storie si celi spesso un fondo di verità, mi sono chiesto quale poteva essere l’alternativa reale e applicabile in concreto di queste fantasie.

Internet è una entità relativamente giovane, eppure ha già sviluppato le caratteristiche per poter essere considerata una dimensione a sé stante con le sue regole e le sue potenzialità: nel mondo online i limiti non sono dati dalla corporeità, ma dalle capacità dell’individuo di interagire con tale mondo e attraverso di esso.

Dopo aver proposto per diverso tempo la rievocazione della memoria storica dell’ospite a partire dalle immagini che apparivano sul tablet, mi prefissai un obiettivo ulteriore: passare dalle due alle tre dimensioni, cercare di far sentire gli anziani veramente in un altro luogo e fornire loro la possibilità di determinare la destinazione in base alle proprie preferenze.

Già nel 2016 era stata ventilata la possibilità di sfruttare la realtà virtuale come una “finestra sul mondo” (J.R. Bruun Pedersen, et al) e nel 2020 era stato finalmente appurato come l’immersività della realtà virtuale rendesse la tecnologia più adatta allo scopo (Yeo, White et al) rispetto ai sistemi bidimensionali come gli schermi televisivi. Da questi presupposti ha preso il via il mio lavoro di tesi, sotto la guida esperta del professor Enrico Mossello, medico geriatra presso l’azienda ospedaliero-universitaria di Careggi.

Le residenze sanitarie assistenziali sono luoghi di grande complessità, che l’utenza rispecchia sia per varietà di malattie, che per livello cognitivo: in altre parole si incontrano persone con la mente conservata in un corpo disfunzionale e persone senza grandi impedimenti fisici, ma con aree del cervello colpite da apoptosi; in questa molteplicità si inserisce poi l’unicità del carattere della persona, messa alla prova da un cambiamento significativo delle proprie abitudini dovuto alle esigenze della vita in comunità.

In un simile contesto come sarebbe stato accolto uno strumento così innovativo? Similmente, sarebbe stato consono per stimolare la memoria storica dei residenti abbinando il visore a una seduta di reminiscenza, all’attività del raccontare se stessi e definirsi attraverso il racconto delle proprie origini?

L’attività che ho scelto di proporre è stata quella di un “viaggio” verso una destinazione generica scelta dall’utente: montagna, mare, fiume, ecc. Attraverso un software apposito la persona si sarebbe trovata in una immagine tridimensionale principalmente statica, se non per gli effetti sullo sfondo che permettevano un certo grado di movimento tridimensionale. Questa scelta è stata fatta per aumentare la sensazione di controllo da parte dell’ospite.

Il dispositivo selezionato è stato il Meta quest 2: essendo un visore stand alone non aveva richiesto la connessione di cavi o la presenza di un pc di supporto, favorendo ancora più possibilità di movimento.

Due sono stati i questionari: uno da rivolgere alla persona e l’altro da compilare durante l’osservazione. Intensa è stata la risposta emotiva e cognitiva dei residenti molto desiderosi di essere coinvolti. I risultati dell’osservazione hanno anche mostrato che il gradimento era stato (come immaginabile) influenzato dall’indole della persona: gli ospiti più curiosi hanno presentato il gradimento più alto e comunque il coefficiente di gradimento ha rivelato un apprezzamento generale dell’esperienza e nessuno dei partecipanti ha voluto interrompere l’esperienza in corso.

Il risultato che però mi ha colpito maggiormente è stata l’analisi delle risposte alle domande aperte presenti nel questionario rivolto all’ospite. Di seguito le parole più utilizzate visualizzate in una word cloud.
nuvola parole realta virtuale anziani
«Vorrei vedere altre cose». Il desiderio di oltrepassare i limiti di mobilità imposti dalle varie condizioni cliniche e sociali trovano nell’uso del visore una, seppur limitata, via di sfogo.

Una componente emersa come importante è stata la possibilità di personalizzare l’esperienza il più possibile; oltre al viaggio nei luoghi della memoria è possibile ricostruire virtualmente ambienti non più esistenti, fino a ricreare avatar di persone a partire da foto.

Lo strumento quindi dimostra di essere valido e soprattutto di avere potenzialità enormi per la riabilitazione dell’anziano: si possono utilizzare programmi per favorire la riabilitazione fisica, la concentrazione, l’orientamento spaziale e temporale, si può usare come accesso al mondo e luogo virtuale d'incontro con persone lontane.

Gli anziani sono per luogo comune visti come diffidenti rispetto all’innovazione e nemici delle tecnologie; è necessario tuttavia rovesciare il paradigma: gli anziani sono nemici della tecnologia quando questa non è pensata e sviluppata per le loro necessità, allo stesso modo in cui le cappelliere dei treni non sono state progettate per le persone alte, motivo per il quale io finisco sempre per sbatterci la testa.

Questo per dire come, visto anche l’aumento dell’età media della popolazione, investire in ricerche tecnologiche pensate attorno all’anziano è non solo una scelta morale ma un investimento per il benessere della popolazione tutta.

Mattia Aloi


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