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novità dal network delle RSA toscane

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a cura di Agenzia regionale di sanità Toscana

Il ruolo della comunicazione nel fine vita: l'esperienza di una Rsa di Torino

22/02/2023
Una Rsa di Torino, che fornisce assistenza a 106 residenti, ha condotto uno studio sul ruolo della comunicazione quando un anziano residente con demenza si avvicina alla fine della vita.

In particolare lo studio tenta di spiegare le modalità attraverso le quali la comunicazione nel fine vita contribuisce a cambiare gli obiettivi di cura, considerando il complesso sistema politico, storico e socio-culturale in cui si svolge la comunicazione e che può influenzarne il modello.

La comunicazione è stata inserita tra le priorità della ricerca internazionale sulle cure palliative, poiché una comunicazione interattiva e di alta qualità sulla prognosi e sulle preferenze di cura può consentire ai pazienti e alle famiglie di prepararsi all'avvicinarsi della morte e ha il potenziale per migliorare l'accettazione di una prognosi spesso incomprensibile e allineare i trattamenti ai propri desideri.

Quando la comunicazione nel fine vita è proficua, le cure non utili diminuiscono e la qualità della morte e la soddisfazione per le cure migliorano.

Invece, una mancanza di comunicazione si traduce in una progressione verso la morte con un elevato carico di sintomi e una ridotta qualità della vita sia per i pazienti che per le famiglie. Le Rsa sono tra i contesti in prima linea in queste conversazioni.

Questo studio è stato condotto in concomitanza con un progetto transnazionale di miglioramento della qualità, che ha implementato colloqui strutturati sull'assistenza per le famiglie di persone con demenza avanzata in Rsa tra marzo e giugno 2021. Inizialmente nella Rsa di Torino non esisteva né un'unità dedicata alla cura della demenza, né un protocollo specifico per quanto riguarda la pianificazione anticipata delle cure e gli incontri con i familiari.

Sono stati raccolti anche i dati delle cartelle cliniche dei residenti le cui famiglie hanno aderito allo studio. I dati raccolti si riferivano alle 12 settimane precedenti e alle 12 settimane successive ai colloqui strutturati sull'assistenza familiare e includevano i servizi territoriali e ospedalieri utilizzati e i documenti completati (ad es. pianificazione, decisione di rifiutare le cure).

Inoltre, sono state condotte interviste semi-strutturate con i familiari, i membri dello staff e il manager della struttura. Le interviste precedenti i colloqui strutturati miravano a identificare le barriere percepite e quali fossero i facilitatori dell'attuazione di questo intervento, mentre le interviste successive l’intervento hanno indagato l'impatto percepito e l'utilità dell’intervento stesso.

Il Comitato etico dell'Università di Torino (Italia) ha approvato lo studio e tutti i partecipanti hanno dato il loro consenso informato scritto a partecipare allo studio.

Le famiglie hanno percepito miglioramenti nella qualità della comunicazione con il personale per quanto riguarda sia le informazioni che il supporto ricevuto. Si sono sentite rassicurate e hanno descritto la comunicazione come “sfogo, discussione di sollievo” e quando “tempestiva, regolare e approfondita”, le famiglie avevano “le idee chiare sulle scelte da compiere”.

Questi risultati suggeriscono che gli incontri con i familiari hanno migliorato la comprensione delle famiglie della prognosi e del decorso clinico del parente e li hanno resi consapevoli dell'opportunità di evitare procedure invasive come l'inserimento del tubo di alimentazione.

Le riunioni con le famiglie hanno promosso decisioni condivise aumentando la fiducia reciproca e favorendo lo sviluppo di atteggiamenti proattivi nell'interazione con gli operatori. Pertanto, la comunicazione strutturata sembra funzionare su un doppio percorso, promuovendo l'empowerment delle famiglie oltre a rafforzare le relazioni tra caregiver e personale.

Sfortunatamente, la letteratura suggerisce che la comunicazione di fine vita ha solitamente un intento informativo, piuttosto che essere finalizzata a promuovere un vero processo decisionale condiviso: il 90% delle decisioni di ritirare o rifiutare i trattamenti nei residenti con demenza avanzata sono state comunicate alle famiglie dopo aver agito, ma solo la metà è stata discussa prima di essere implementata. Dunque questo studio aggiunge ulteriori informazioni al processo decisionale condiviso evidenziando le dinamiche interne del nucleo familiare e il ruolo di un ambiente di supporto nel ridurre l'onere decisionale delle famiglie quando le preferenze di cura del parente non sono note.

Gli incontri sono emersi come un'opportunità per i familiari di riflettere sulle loro preferenze di cura per il loro amato e su cosa farebbe il parente se potesse ancora decidere. Il processo riflessivo ha promosso la consapevolezza delle preferenze dei malati e la condivisione con gli operatori sanitari.

Sebbene la conoscenza delle preferenze assistenziali degli utenti sia essenziale per l'assistenza concordata con l'obiettivo, che è un indicatore di qualità delle cure palliative, le preferenze dei residenti erano poco conosciute e le preferenze dei loro familiari venivano spesso esplorate troppo tardi.

Questi risultati confermano i dati di un'ampia analisi trasversale che ha coinvolto 322 nursing home in sei paesi europei, che ha rilevato che solo un terzo dei residenti in Belgio aveva una direttiva anticipata di "non trasferimento in ospedale", mentre quasi nessuno aveva una documentazione simile in Italia. Allo stesso modo, questi risultati sono vicini a quelli delle precedenti interviste ai focus group con i familiari dei residenti nelle Rsa norvegesi che spesso non conoscevano i desideri dei loro parenti quando dovevano essere prese decisioni e sperimentavano l'onere decisionale. Si riconosce che la scarsa conoscenza delle preferenze dei residenti aumenta la probabilità di terapia intensiva. Invece, quando le preferenze erano note, erano generalmente orientate al comfort e indirizzavano gli operatori sanitari verso cure palliative.

Oltre a inquadrare la comunicazione di fine vita all'interno dell'ambiente della Rsa, la principale novità di questo documento è quella di contestualizzare la comunicazione di fine vita in un complesso sistema politico/normativo, storico e socio-culturale.

Gli intervistati descrivono l'ambiente assistenziale come “familiare”, basato su “rapporti di collaborazione con le famiglie” e con la prospettiva di investire nella formazione per migliorare l'assistenza fornita. Ciò suggerisce un'atmosfera e una sensibilità favorevoli alla ricerca palliativa e di fine vita e sottolinea il ruolo cruciale della leadership nel sostenere progetti di miglioramento della qualità delle cure. In precedenza, altri autori avevano scoperto che la cultura istituzionale può influenzare gli atteggiamenti degli operatori sanitari riguardo alle decisioni nel fine vita con esiti diversi per i residenti.

L’Rsa di Torino è inserita in un settore italiano di assistenza a lungo termine che soffre di carenza cronica di personale che è peggiorata durante la pandemia, dal momento che è diventato ancora più difficile reclutare e trattenere gli infermieri perché richiamati negli ospedali con salari più alti per far fronte alla pressione assistenziale.

I risultati hanno anche evidenziato l'impatto degli obblighi sociali come un senso di dovere filiale sugli atteggiamenti e il coinvolgimento nel processo decisionale alla fine della vita.

Infine, i tabù sulla morte e sul morire hanno ostacolato la comunicazione di fine vita ed erano responsabili della scarsa conoscenza delle preferenze assistenziali. In paesi tradizionalmente cattolici come l'Italia, gli operatori spesso ritardano la discussione di tali argomenti per paura di ferire i sentimenti dei pazienti e distruggere la speranza. Inoltre, le persone spesso arrivano in RSA con capacità cognitive limitate e solo poche hanno discusso in anticipo le loro preferenze di cura con le loro famiglie.

Avere una solida base teorica all’interno dei nostri sistemi sanitari per il ruolo della comunicazione di fine vita nella transizione verso le cure palliative, come abbiamo appreso da questo studio, può offrire indicazioni per la ricerca, la pratica, l'educazione e la politica relativa alle cure gero-palliative.


Per saperne di più:

A Situation-Specific Theory of End-of-Life Communication in Nursing Homes