Valore in RSA

novità dal network delle RSA toscane

Valore in RSA

novità dal network delle RSA toscane
a cura di Agenzia regionale di sanità Toscana

Le conversazioni al momento del fine vita in RSA durante la pandemia

Il 24 gennaio 2022 un gruppo di studiosi ha pubblicato sull’International Journal of Environment Research and Public Health una ricerca qualitativa sull’esperienza vissuta durante la pandemia dal personale delle residenze per anziani italiane.

Secondo gli autori le conversazioni di fine vita rappresentano uno dei contesti comunicativi più difficili e si verificano in molti ambiti sanitari, tra cui le residenze per anziani: coinvolgono i pazienti, i familiari e/o i caregiver e possono riferirsi alle condizioni cliniche, al decorso della malattia e alla prognosi, agli obiettivi e alle opzioni di trattamento, alla gestione dei sintomi, alle volontà di fine vita e alla pianificazione delle cure future. Comprendono almeno quattro processi: raccolta di informazioni, condivisione delle informazioni, risposta alle emozioni e incoraggiamento delle relazioni.
 

Disegno di ricerca: studio qualitativo descrittivo

Focus. Esplorare le sfide incontrate, le difficoltà sperimentate sia nell’iniziare, che nel proseguire le conversazioni di fine vita da parte del personale nelle Residenze sanitarie assistite durante l’emergenza Covid-19, per capire a quale tipo di formazione relativa alle abilità comunicative dare la priorità, e per scoprire i bisogni educativi.

L’indagine si è svolta nel periodo che va da maggio 2021 ad agosto 2021 in 44 RSA ed ha coinvolto 21 operatori sanitari, di cui 17 donne. L’età media era di 50 anni, con un range che variava dai 25 ai 73 anni.
Successivamente il campione è stato stratificato per variabili relative alla struttura (es. RSA pubblica o privata, al personale ecc.), variabili di processo (es. procedure scritte, incontri con le persone di riferimento per l’ospite e con i residenti, documentazione sulle volontà nelle cure di fine vita) e variabili di esito (rinvio dei residenti ai servizi di cure palliative nei 6 mesi prima dell'inizio dello studio, ricorso ad attività extra, come pet therapy o musicoterapia).
 

I risultati dello studio

L’esperienza degli operatori rispetto alle conversazioni nel fine vita durante la pandemia emersa dalle interviste è stata riassunta in 23 categorie, a loro volta suddivise in 4 temi.
 

Tema 1. Comunicare con caregiver e familiari sul complesso percorso di malattia

  • Tutti gli operatori sanitari hanno evidenziato il ruolo essenziale di una comunicazione di supporto in tutto il periodo di cura.  Ciò che emerge dalle interviste è l’importanza di una comunicazione chiara, veritiera, continua, misurata sulle specifiche esigenze, sia per frequenza che per contenuto, che consideri la consapevolezza delle condizioni cliniche, del background culturale e dello stato emotivo della persona al momento dell’incontro.
  • Per essere davvero di supporto, la comunicazione richiede professionalità, competenza e capacità come l’empatia, la gentilezza, la sensibilità, l’umanità e la pazienza, oltre alla capacità di ascoltare attivamente e sospendere il giudizio. Anche il silenzio può essere molto apprezzato.
  • Pur essendo risultata utile per mantenere la frequenza nei rapporti con le persone care, la comunicazione basata sulle tecnologie ha presentato diversi limiti, non permettendo di afferrare i comportamenti non verbali. La mancanza del linguaggio del corpo rende difficile supportare le persone care e promuovere le relazioni basate sulla fiducia; comporta il rischio di avere dei pezzi mancanti, così il rapporto può essere minacciato da incomprensioni.
  • La relazione durante il soggiorno in RSA è percepita come un processo continuo, fatto su misura in base al progredire della malattia, e di conseguenza al mutare delle esigenze della persona anziana, del caregiver e dei familiari, è una conoscenza reciproca in continua evoluzione. Le comunicazioni relative al peggioramento delle condizioni di salute o sulla possibilità di una morte imminente appaiono più difficoltose quando sono affrontate per la prima volta, specialmente se inaspettate. Invece, un rapporto forte rende tutto molto più facile. 
  • Durante tutta la pandemia e anche nella fase immediatamente successiva al lutto gli operatori hanno aumentato la frequenza delle comunicazioni, per supportare e stare vicino ai caregiver e familiari.
  • Quando si erano instaurati rapporti sinceri e di rispetto reciproco, gli operatori sanitari hanno percepito che le persone care erano soddisfatte della comunicazione ricevuta e la morte del residente è stata vissuta come un viaggio che volge al termine.

Tema 2. Gestire le emozioni e le situazioni difficili, supportare e stare vicino a familiari e caregiver

  • Gli operatori sanitari hanno dovuto affrontare diverse situazioni difficili, inclusa la negazione del contatto con i cari, soprattutto per le persone con demenza. Quando le persone care erano ignare delle condizioni di salute del loro parente, dubitavano delle informazioni ricevute dagli operatori sanitari e si trovavano più spesso sorprese nel momento del fine vita, chiedendo interventi che gli operatori sanitari giudicavano sproporzionati, come l’alimentazione in presenza di disfagia.
  • Durante la fase di ammissione, gli operatori si sono confrontati con i sentimenti di ansia, incertezza e senso di colpa dei familiari e la loro paura che un parente si deteriorasse dopo il ricovero per i cambiamenti nella routine. Poi, avvicinandosi alla fine della vita, avevano dovuto contenere la rabbia, l'aggressività, l'angoscia e il dolore. Gli intervistati segnalano un aumento di insoddisfazione e sfiducia durante la pandemia, oltre al timore che il loro parente morisse da solo.
  • Alcuni operatori sanitari hanno riferito di aver rivissuto esperienze personali dolorose, raccontando di aver sofferto vedendo i residenti morire senza i loro parenti al capezzale, o assistere alla comunicazione da remoto tra persone care e il loro parente che stava morendo.
  • Gli intervistati hanno identificato alcune strategie adottate per superare queste criticità, tra cui il riconoscere esplicitamente le emozioni delle persone care per fornire risposte su misura, aiutandoli così a individuare i mutamenti nelle condizioni cliniche del proprio parente. Tutto ciò grazie ad un approccio, che richiedeva l’ascolto attivo e l’attenzione al contenuto della comunicazione, talvolta anche trasferendo la responsabilità della comunicazione al medico o alla direzione.
  • Gli operatori sanitari hanno fatto affidamento sulle riunioni multiprofessionali, sostenendo che queste sono state utili per concordare in base al ruolo professionale rivestito, quali informazioni fornire. E’ stata sottolineata l'importanza di formare anche il personale amministrativo nel coinvolgimento delle persone care.

Tema 3. Stabilire una partnership tra operatori sanitari e assistenti familiari

  • La maggior parte degli operatori sanitari ha affermato che è fondamentale comprendere le esigenze delle persone care per poterle sostenere in maniera personalizzata. Tutti gli operatori sanitari hanno convenuto che è necessario stabilire relazioni basate sulla fiducia, facilitate da obiettivi di cura condivisi, promossi dalla comunicazione di persona. Quando i familiari erano invadenti o critici, o se si verificavano conflitti interni al nucleo familiare, questo rapporto di fiducia diveniva molto più difficile. Le relazioni di fiducia sono state costruite nel tempo e per essere vere è fondamentale che sia condiviso il processo decisionale che porta agli obiettivi dell'assistenza alla fine della vita, incluse le decisioni rispetto al ricovero in ospedale e al luogo migliore in cui morire.
  • Alcuni operatori sanitari hanno segnalato la difficoltà a sostenere i familiari quando desideravano perseguire nelle terapie o quando venivano suggerite cure palliative. In altri casi, è sorto un disaccordo tra gli operatori sanitari sull'intensità dell’assistenza. • Gli operatori sanitari segnalano la difficoltà nel comprendere le preferenze dei familiari rispetto all'assistenza nel fine della vita a causa della mancanza di direttive anticipate ben sviluppate.
  • La maggior parte dei familiari percepiva ancora la morte come un argomento tabù, ed era mossa da un senso del dovere filiale di non lasciare nulla di intentato, credendo spesso che scegliere un approccio di tipo palliativo, sarebbe stato come abbandonare il loro parente.
  • Gli operatori sanitari hanno anche segnalato diversi ostacoli alla partnership con le presone di riferimento, tra cui:
    • comunicazione frammentata con e all'interno del team di assistenza, cioè le persone di riferimento hanno ricevuto informazioni contrastanti da diversi operatori sanitari e tra i servizi
    • elevato turnover
    • carenza di personale, perché molti operatori sanitari sono andati a lavorare in ospedale
    • mancanza di tempo a causa dell'elevato carico di lavoro, in particolare durante la prima ondata di pandemia, quando i residenti avevano bisogno di cure ad alta intensità.

Tema 4. Affrontare le capacità comunicative e le esigenze di formazione degli operatori sanitari

  • La maggior parte degli operatori sanitari ritiene che le capacità comunicative siano innate, anche se possono essere affinate attraverso l'esperienza e i programmi di formazione. Alcuni intervistati hanno riferito di aver acquisito capacità di comunicazione grazie a corsi di formazione o mentre si prendeva cura di un parente.
  • L’esperienza lavorativa sembra essere la migliore insegnante.
  • Diversi operatori sanitari sarebbero interessati a partecipare a programmi di formazione sulla comunicazione, ma le iniziative educative offerte dalle strutture risultavano scarse o assenti.
  • I principali bisogni formativi identificati dagli operatori sanitari sono relativi alle capacità di comunicare con le persone di riferimento soprattutto quando si presentano forti emozioni, in modo da trovare le parole e il modo giusto per avvicinarsi a loro e personalizzare la comunicazione.
  • La formazione dovrebbe prevalentemente in presenza, incentrata sulle competenze pratiche, coerente con il contesto dell’ambiente di lavoro e utilizzare strumenti pratici come ad esempio le discussioni basate sui reali casi clinici incontrati dal team multiprofessionale. Solo pochi partecipanti hanno segnalato il desiderio di conoscenze teoriche.
Ciò che è emerso non indica che le conversazioni di fine vita debbano essere guidate da persone anziane o autorevoli, ma piuttosto evidenzia la necessità di definire confini chiari di ruolo in merito a quali informazioni ciascun operatore sanitario dovrebbe fornire in base al campo di competenza.
 
Tutti gli intervistati avevano procedure scritte per accogliere i residenti al momento del ricovero, 5 su 6 hanno fornito agli operatori sanitari una guida sulla comunicazione del deterioramento della salute, ma solo 3 avevano procedure per la gestione del lutto e 2 sulla gestione del dolore per i residenti con deficit cognitivo. La leadership crea un ambiente favorevole per promuovere il cambiamento.
 

Limiti dello studio

Il campione ha aderito al progetto su base volontaria, selezionando così coloro che erano più sensibili verso il fine vita. Ciò potrebbe aver impedito l'emergere di ulteriori sfide e ha fornito un quadro parziale del vissuto degli operatori sanitari.  

In secondo luogo, questo studio è stato condotto nel nord-ovest italiano, dove non ci sono medici interni che potrebbero essere importanti figure di contatto per la comunicazione di fine vita; questo può limitare la trasferibilità dei risultati ad altre regioni o sistemi sanitari. 

In terzo luogo, come suggeriscono gli stralci riportati nell’articolo, il punto di vista degli educatori e degli operatori assistenziali è scarsamente rappresentato. Questo potrebbe essere espressione del limitato coinvolgimento di questi operatori sanitari nelle conversazioni di fine vita nelle strutture italiane, per lo più guidate da manager che vengono informati dal personale di assistenza quando le condizioni cliniche di un residente si deteriorano.
 
Tuttavia, il coinvolgimento di operatori sanitari con anni di esperienza lavorativa e diversi profili, ha offerto molteplici sfaccettature delle sfide affrontate nelle conversazioni alla fine della vita.
 

Conclusioni

Gli operatori sanitari hanno:
  • riferito che le conversazioni con i familiari dei residenti dovrebbero essere un continuum durante il percorso generale della malattia e su misura rispetto specifiche e mutevoli informazioni e bisogni
  • elencato molteplici situazioni difficili, dalla scarsa consapevolezza o dal rifiuto del peggioramento delle condizioni, alle aspettative irrealistiche per l'assistenza e alla ricerca delle preferenze di cura in una società avversa alla morte, con una tradizione cattolica in cui la verità deve essere detta senza distruggere la speranza
  • dovuto gestire le emozioni personali e affrontare i sentimenti complessi dei caregiver come ansia, senso di colpa, incertezza, paura, rabbia o sofferenza, con modalità remote, generando ulteriori barriere
  • hanno dovuto superare l'aggressività, la frustrazione, la sfiducia e l'incertezza dei familiari, probabilmente a causa delle restrizioni alle visite impostando una serie di strategie, compresa l'adozione di un approccio di ascolto attivo e una comunicazione di supporto. 
La necessità di soddisfare i bisogni dei parenti e promuovere la relazioni di fiducia, ha incentivato la creazione di una partnership con gli operatori sanitari, essenziale per un vero processo decisionale condiviso, nonostante la minaccia di carenza di personale, risorse e tempo.
 
I risultati hanno evidenziato bisogni comunicativi per lo più pratici e la necessità di un'altrettanto pratica formazione sulle abilità comunicative, aperta a tutti gli operatori sanitari con diversi metodi educativi: discussioni di casi, video e giochi di ruolo, forniti in più sessioni, faccia a faccia e in piccoli gruppi per rafforzare l'apprendimento, se possibile.
 

Alcune considerazioni

Gli autori si domandano se il campione possa essere considerato rappresentativo rispetto all’intera popolazione degli operatori delle RSA, in quanto, essendo volontario, ha escluso coloro che probabilmente non si sono sentiti coinvolti dal tema. Nella ricerca qualitativa questa considerazione appare meno incisiva rispetto al valore che assume nella ricerca quantitativa, in cui il campione deve essere rappresentativo per fornire dati validi su un fenomeno.
Ciò che interessa alla ricerca qualitativa è esplorare un’esperienza vissuta da un gruppo di persone. Per farlo deve individuare coloro che hanno fatto quell'esperienza che possono raccontarmi cosa hanno provato. 
Sostanzialmente si potrebbe dire che coloro che, pur avendo vissuto la stessa situazione, non hanno l’esperienza che il ricercatore vuole esplorare, non interessano. Il campionamento è stato fatto correttamente, e la lettura delle interviste è stata rigorosa.
Leggendo questo articolo si apprezzano aspetti che non sarebbero altrettanto rappresentabili attraverso i soli dati epidemiologici. La lettura dei dati epidemiologici diviene più completa, se integrata dalla ricerca qualitativa.
Dire che la pandemia da Covid 19 ha colpito le residenze, supportando questa frase con dei numeri, ci dà la grandezza del fenomeno e la possibilità di fare dei confronti. Leggere articoli come questo ci dice che dentro alle residenze sono state colpite le persone.
 
 


Per saperne di più:

Challenges Experienced by Italian Nursing Home Staff in End-of-Life Conversations with Family Caregivers during COVID-19 Pandemic: a Qualitative Descriptive Study