Valore in RSA

novità dal network delle RSA toscane

Valore in RSA

novità dal network delle RSA toscane
a cura di Agenzia regionale di sanità Toscana

L’impatto della vaccinazione sul contenimento dei rischi conseguenti a COVID-19 nelle RSA del Veneto

Tra le regioni italiane più colpite dalla pandemia compare sicuramente il Veneto; tra le fasce di popolazione per le quali Covid-19 è risultata più letale ci sono sicuramente gli anziani, specie i più fragili; infine, tra i contesti di cura che hanno subito maggiormente gli effetti virulenti del SARS-COV-2 ci sono sicuramente le RSA.

Dato questo quadro, ecco perché le RSA venete, che nel 2018 ospitavano circa 35 mila persone, diventano un luogo tristemente privilegiato per indagare l’impatto della COVID-19 e l’effetto protettivo offerto dai vaccini.

Lo studio che si è proposto di indagare questi aspetti non si è limitato tuttavia a stimare il rischio di ospedalizzazione e di morte a causa di COVID-19 nelle RSA venete tra il febbraio 2020 e il maggio 2021, ma ha fatto un passo in più, ha cioè confrontato le stime riferite agli ospiti delle strutture con quelle di una parte della popolazione generale anziana.

Si parla di “una parte”, perché il confronto non è stato effettuato con l’intera popolazione generale anziana, rispetto alla quale gli ospiti delle RSA venete risultavano più frequentemente affetti da malattie croniche gravi, oltre ad un’età mediamente maggiore. In un simile contesto, appare chiaro come un confronto tra i rischi degli ospiti e quelli della popolazione anziana sarebbe stato, per ovvie ragioni, condizionato e sbilanciato a favore dei secondi.

Per ovviare a questo bias, il confronto è stato quindi effettuato tra gli ospiti delle RSA, e quella parte della popolazione anziana non residente che mostrasse caratteristiche molto simili a quelle degli ospiti. L’operazione è avvenuta attraverso un “abbinamento statistico” tra ogni residente in struttura e un “gemello” non residente, identificato secondo fascia di età, genere, provincia di domicilio, presenza di invalidità legale oltre che per le malattie croniche più comuni (ipertensione, diabete, cardiopatia ischemica, BPCO, insufficienza cardiaca congestizia, insufficienza renale cronica e demenza).

La tecnica statistica utilizzata si chiama “propensity score matching”, ed in generale è utile per stimare l’impatto di un evento/intervento/trattamento su contesti diversi, rispetto però a caratteristiche comuni.
In altri termini, attraverso questa tecnica statistica si possono fare valutazioni cosiddette “contro fattuali”, rispondendo ad una domanda del tipo: gli ospiti di una RSA, date le loro caratteristiche, avrebbero avuto una probabilità maggiore o minore di contrarre la COVID-19 se fossero rimasti a casa?

Lo studio quindi, una volta creati questi abbinamenti statistici, ha prodotto un confronto più bilanciato degli “esiti pandemici” tra residenti e non residenti, da cui è risultato che, in generale, i residenti nelle RSA venete hanno mostrato un rischio più elevato (opportunamente quantificato nell’articolo) sia in termini di infezione, che di ricovero ospedaliero e decesso rispetto a persone con le stesse fragilità, ma non residenti in RSA.

Il risultato non sorprende, dal momento che i residenti condividevano spazi comuni con altri pazienti e operatori sanitari, essendo quindi più esposti alle infezioni.

Tuttavia, e questa è la parte più interessante, bisogna fare dei distinguo: l’analisi si basa infatti su un periodo compreso tra febbraio 2020 e maggio 2021 che non va considerato in modo omogeneo, dal momento che, da fine dicembre 2020 al termine della terza ondata d’inizio 2021, il 95% dei residenti e i loro operatori sanitari hanno ricevuto almeno una dose di vaccino. Questa situazione ha avuto un effetto evidente sull’abbassamento degli indici di rischio per tutti e tre gli esiti considerati.

Infatti, al manifestarsi dell’epidemia, i residenti in RSA rappresentavano oltre la metà dei casi totali di COVID-19 e il loro rischio di essere infettati da SARS-CoV-2, di ricovero e di morte appariva (al lordo dei bias introdotti, da una parte, dalla specifica sorveglianza ministeriale per le RSA, dall’altra, dagli effetti del primo lockdown di marzo 2020 per la popolazione generale) rispettivamente 14, 5 e 10 volte superiore rispetto ai non residenti.

Durante la seconda ondata, però, nell’autunno 2020, e quindi prima dell’arrivo dei vaccini, i rischi apparivano già diminuiti per i residenti, tanto da portare costoro a rappresentare meno del 25% del totale dei casi segnalati. L’ipotesi alla base di questa riduzione dei rischi era forse dovuta ad una maggior tendenza a curare gli ospiti direttamente nella struttura evitando i ricoveri ospedalieri.

La situazione cambia significativamente con l’arrivo dei vaccini e della successiva terza ondata, quando il numero di ospiti che hanno avuto l'infezione da SARS-CoV-2 è diminuito significativamente, portandoli a rappresentare solo l'1% del numero totale di casi di COVID-19 segnalati. In questo periodo il loro rischio di infezione è risultato inferiore del 30% rispetto a quello della popolazione generale più anziana con simili caratteristiche personali e di salute, ovvero quella “abbinata” secondo il propensity score matching.

La riduzione del rischio di ospedalizzazione e morte nei residenti è stata ancora maggiore (-75 e -62%, rispettivamente), il che sembra attestare un nuovo e importante effetto protettivo della continuità dell'assistenza sanitaria sperimentata nelle RSA in un contesto di copertura vaccinale più alta rispetto al resto della popolazione.

Secondo gli autori, lo studio ha mostrato quindi l’efficacia del programma di vaccinazione COVID-19 sul rischio di infezione, ricovero e morte da SARS-CoV-2 tra i residenti di RSA, ma è stata anche evidenziata l’importanza di un’organizzazione in grado di promuovere una migliore gestione della malattia, e, in generale, di eventuali altre epidemie che possano coinvolgere queste strutture.

Uno degli aspetti più interessanti dello studio, però, risulta anche nel tentativo di “quantificare” i rischi, calcolandoli lungo le tre ondate epidemiche tra febbraio 2020 e maggio 2021. L’utilizzo infatti di tecniche statistiche efficaci nel facilitare confronti appropriati tra residenti e non residenti, può offrire informazioni mirate ad un’analisi più approfondita e contestualizzata dei punti di forza e delle aree di miglioramento dell’organizzazione delle cure in RSA.

Si ringraziano per la collaborazione e il supporto Silvia Forni e Claudia Szasz (ARS Toscana)


Per saperne di più: 

Pierobon S, Braggion M, Fedeli U, Nordio M, Basso C, Zorzi M. Impact of vaccination on the spread of SARS-CoV-2 infection in north-east Italy nursing homes. A propensity score and risk analysis. Age Ageing. 2022 Jan 6;51(1):afab224. doi: 10.1093/ageing/afab224. PMID: 34902858; PMCID: PMC8754709.