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a cura di Agenzia regionale di sanità Toscana

E ora non mi rinchiudere: il resoconto della presentazione del Manifesto per la vita libera delle persone con disturbi mentali e disabilità intellettiva

eoranonmirinchiudere manifesto  Sabato 27 febbraio a Empoli è stato presentato il Manifesto per la vita libera delle persone con disturbi mentali e disabilità intellettiva contro il rischio di una nuova istituzionalizzazione realizzato dal Comitato "E ora non mi rinchiudere".

Il Manifesto nasce dalla volontà di esprimere la preoccupazione ed il dissenso al fatto che in Toscana stia riemergendo lo spettro di una nuova istituzionalizzazione, di questo ne sono prova il centro per 100 persone in costruzione a San Giuliano Terme e il progetto di costruirne uno per 70 persone a Empoli.
 
Il manifesto si compone di sei articoli in cui i concetti di libertà e di autodeterminazione vengono declinati in modo chiaro e potente.
 
La presentazione è iniziata con una lettura di Firenza Guidi, regista scrittrice e autrice di performance, cui sono seguiti gli interventi di Don Andrea Cristiani, consultore del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, della psichiatra dottoressa Giovanna del Giudice, Presidente della Conferenza permanente per la salute mentale nel mondo F. Basaglia e di Massimo Toschi, consigliere per la disabilità della presidenza della Regione Toscana. Il consigliere ha portato al Convegno una lettera di apprezzamento del Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi indirizzata a Marino Lupi dell'associazione Autismo Toscana, nella quale tra l'altro si auspica la riapertura della discussione sul progetto del Polo delle disabilità.

Infine si è svolta una tavola rotonda coordinata da Donata Vivanti, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap Toscana, con gli interventi di Adriano Amadei, segretario generale di Cittadinanzattiva Toscana, della dottoressa Daniela Bolelli, della Società italiana psicoterapia psicoanalitica, Adriano Turi, responsabile coordinamento H CGIL Toscana e di Stefano Cecconi, responsabile nazionale politiche della Salute della CGIL.

E’ piuttosto difficile sintetizzare i contenuti degli interventi che sono stati esposti durante la presentazione per la loro complessità ed intensità, quindi è forse più opportuno soffermarsi sugli aspetti più salienti e che possono interessare l’ambito della residenzialità degli anziani non autosufficienti.
 
Anche se il manifesto nasce in seno alla disabilità, come ha ben esposto la dottoressa del Giudice, il concetto di istutizionalizzazione deve essere interpretato in maniera più ampia ed assoluta, includendo perciò realtà quali le residenze per anziani.

La segregazione, porta di per sé il seme del sopruso della società sul singolo debole e incapace di autodeterminarsi, e di fatto può costituire il presupposto per gli episodi di maltrattamenti che vengono scoperti e denunciati. Senza alleggerire la responsabilità individuale gravissima, è bene riflettere su quale sia l'elemento saliente alla base della degenerazione dei comportamenti: la “deportazione” istituzionale. Questo vale per ogni forma di segregazione a prescindere.

Proprio dal rifiuto del ritorno all’istituzionalizzazione come sinonimo di segregazione, nasce il dictat “E ora non mi rinchiudere”. Per quanto queste nuove strutture dichiarino l’obiettivo di accogliere, nella realtà rischiano di allontanare intere “categorie” di esseri umani dalla comunità. La presenza all’interno di infrastrutture come il teatro dedicato, campo di calcio dedicato etc… sembrano non costituire un valore aggiunto, ma un ulteriore conferma del rischio di separazione.

L’integrazione nasce all'interno della comunità. Più forte è il tentativo di edulcorare l’istituzione, più essa risulta segregrante. L’investimento economico che comporta una struttura può essere utilizzato in piccoli appartamenti nei centri urbani e nella costituzioni di reti di servizi, con costi probabilmente inferiori.

Come ha ben sostenuto Don Andrea Cristiani, siamo tutti padri e madri di ogni creatura si affacci su questo mondo, ed è di questa responsabilità che la comunità politica deve farsi carico. Ognuno di noi con le proprie caratteristiche e potenzialità deve essere messo nelle condizioni di vivere liberamente la propria esistenza. Un mondo più vivibile per i più deboli sarà certamente un mondo migliore per tutti.

Resoconto a cura della dott.ssa Cristina Banchi, infermiera responsabile della Gestione dei Sistemi di qualità in RSA e della dott.ssa Beatrice Cioni, Cooperativa Sara, RSA Il Castello


Per approfondire:
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